Pinin e le masche
di Luciano Nattino, liberamente tratto dal racconto di Davide Lajolo
con Massimo Barbero
regia di Fabio Fassio
durata dello spettacolo: atto unico di 40'
GALLERY
LO SPETTACOLO
Pinin è un solitario abitatore dei boschi. Non torna più in paese da tempo. Ai pochi che riescono a trovarlo egli parla della sua vita, di un lungo viaggio, di un amore, di ricordi, di mondi possibili. E di “masche”, amiche e sconosciute, protettrici e crudeli. Per incontrare Pinin è necessario andare nei suoi luoghi, che sono distanti dalla civiltà, dai rumori dell'oggi. Dunque occorre innanzitutto camminare per piccoli sentieri e poi attendere in un luogo specifico, tra il fitto degli alberi, prendendo posto attorno a una torcia. E, se non si è troppo rumorosi o curiosi, lui, Pinin, potrebbe arrivare. È brusco, selvatico, non parla volentieri ma, se gli prende la vena buona, può parlare a lungo. Le sue sono storie di alberi, di uomini, di un amore lontano. Sono anche storie di guerre, di ricordi, di viaggi, di fughe. E sono, soprattutto, storie di masche, storie di quegli esseri che proteggono, a modo loro, la terra.
Uno spettacolo per spazi non convenzionali e luoghi naturali, a stretto contatto con il pubblico.
RECENSIONI
"Negli attimi, pur sempre troppo brevi, durante i quali Massimo era Pinin (un osmosi è germogliata), ho provato sensazioni che mi hanno carezzato il cuore rendendomi interprete di un linguaggio, lo stesso, parlato dal bravo attore con un lirismo ed un'intensità toccanti oltre ogni limite." Maurizio Messori, Santiago Smemorie
“Uno straordinario Massimo Barbero che, immerso in un totale trasporto e grande professionalità, diventa il solitario abitatore dei boschi.
(...) a parlare è l'alternanza del giorno e della notte, sono le piante e gli animali, le stagioni e il silenzio, l'immagine e il proprio sentire.
(...) Il pathos e il carisma di un dinamismo senza filtri hanno catalizzato il numeroso pubblico presente alla serata.” Chiara Cane, Il Monferrato
“(…) Qualunque descrizione è riduttiva, perché ciò che si assapora è l’immaginato e il percepito, come il profumo del vin brulé che arriva alle narici. Barbero crea una magia atavica che spiazza e coinvolge totalmente, come un sogno in cui si ritrova la radice della realtà. Proprio le radici sono l’unica cosa che conta e Ulisse (eroe che ricorda a Pinin le ore di lettura con la donna amata, ma anche nome di battaglia del partigiano Lajolo) torna alle sue origini, a ciò che rimane autentico. Pinin è tale, lo sono i suoi ricordi e il suo aspetto allucinato e visionario è una rivelazione, mediata attraverso la sorpresa e l’ironia. Tutto è immediato, la narrazione si rivolge al pubblico che è interlocutore attivo, seppur silente. Per questo è difficile parlare di spettacolo, di protagonista e di pubblico: la forza del testo e la bravura di Barbero stanno nella rottura di qualunque schema palco- quarta parete – platea.” Nicoletta Cavanna, Radio Gold