Even: la memoria dei giorni

testo di Patrizia Camatel

con Patrizia Camatel e Tommaso Massimo Rotella

regia di Tommaso Massimo Rotella

realizzato in collaborazione con: il Centro Culturale Edith Stein di Bra, il Progetto Culturale della Diocesi di Asti,
l'Istituto Oblati di San Giuseppe di Asti e l'Istituto per la Storia della Resistenza AT

 

durata dello spettacolo: atto unico di 1 ora

 

 

 

GALLERY

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LA TRAMA

Amsterdam, 1941. Etty Hillesum, giovane intellettuale ebrea, comincia a frequentare lo studio del noto psicochirologo Julius Spier, anch’egli ebreo e fuggito dalla Germania nazista. Etty è una ragazza profonda ma inquieta, dalla vita “caotica”, come lei stessa la definisce; Spier è un autorevole psicoterapeuta che non esita ad esercitare il suo fascino sulle pazienti: il loro rapporto, che ben presto da relazione medico-paziente diventa amoroso, è l’occasione per entrambi di approfondire il senso della loro vita e il rapporto con la loro fede in Dio. E lo fanno alle soglie dell’incombente tragedia della Shoa. Sullo sfondo dell’avanzata nazista in Europa, i due personaggi vanno incontro ad una maturazione spirituale incredibile, che guiderà le loro scelte fino alla morte, alla luce della scoperta di Dio dentro di sé. Etty, che non cerca scampo per se stessa, ma vuole condividere il destino del suo popolo perseguitato, giunge a una risposta straordinaria al male subìto: non è aggiungendo odio all’odio che il mondo può essere un luogo più accogliente: l’unica risposta possibile è l’Amore, quello aperto a tutta l’umanità.

LO SPETTACOLO

Even è il termine ebraico che designa il sasso che si pone sulla tomba per ricordare le persone care: maggiore è il numero dei sassi, tanto meglio è onorata la memoria del defunto. Il lavoro teatrale, come un umile sasso, vuole rendere omaggio alle vittime dell’orrore nazista di tutte le nazionalità. E lo fa attraverso l’atto “sacro” di raccontare una storia, per non far cadere nell’oblio tante di vite spezzate. La storia prescelta, la voce rievocata, tra milioni, è quella di Etty Hillesum, giovane intellettuale ebrea olandese deportata con la sua famiglia ad Auschwitz e qui morta il 30 novembre 1943, a soli 29 anni. Nonostante la giovane età Etty ci ha lasciato in eredità uno scritto di intensa spiritualità: è il suo Diario, sincero, intimo e poetico, tenuto durante gli ultimi due anni di vita: scopriamo così la sua famiglia, la maturazione della personalità, la permanenza al campo di Westerbork, le relazioni sentimentali, la più importante delle quali con il suo psicoterapeuta Julius Spier, che da rapporto passionale diventa ben presto lo stimolo reciproco, per i due, a tendere ad un amore più grande e puro, rivolto a tutta l’umanità e all’unione tra Dio e l’essere umano. Nel testo si fa largo impiego delle parole originali tratte dal Diario e dalle Lettere scritte dal campo di prigionia di Westerbork. Il susseguirsi di dialoghi serrati, azioni sceniche dai toni onirici, danza e uso di pochi oggetti significativi, il proposito è quello di presentare il ritratto di una donna speciale, ancorché poco nota, e di contestualizzarla nel luogo e momento storico che vide il fiorire della sua personalità e al contempo il termine della sua breve vita.

NOTE DI REGIA E TECNICHE TEATRALI UTILIZZATE

Lo spettacolo è un atto unico in prosa della durata di un’ora circa. E’ suddiviso in brevi scene che tratteggiano Etty Hillesum, le persone a lei vicine, il contesto storico e sociale, la sua reazione spiazzante all’orrore della Shoah. Per ciò che concerne la messa in scena, il lavoro di regia dà corpo fisico alle parole attraverso azioni sobrie, sintetiche, che lasciano spazio alla voce della testimonianza. L’uso del gesto espressivo e talora la danza aggiungono un linguaggio efficace ad alcune scene. I pochi oggetti di uso quotidiano presenti in scena vengono utilizzati in modo creativo e simbolico, il che si presta ad interpretazioni aperte da parte del pubblico. I sassi bianchi e neri, sempre presenti e talora utilizzati nelle azioni sceniche e danzate, rimandano all’intento principale dello spettacolo, ovvero il desiderio di consegnare al pubblico la memoria di una storia importante. Un punto di vista particolare è aggiunto dall’uso di rotture metateatrali che consentono di visualizzare il contesto culturale e artistico dell’epoca attraverso l’inserimento di numeri che ricordano il cabaret e l’avanspettacolo e l’uso di famose musiche del periodo bellico.

NOTA BIOGRAFICA

Esther (Etty) Hillesum, (Middelburg, 15 gennaio 1914 – Auschwitz, 30 novembre 1943), primogenita di Levi e Rebecca Hillesum, visse in varie città dell’Olanda, stabilendosi infine ad Amsterdam. Etty era una giovane donna ricca di interessi, caratterizzata da un'intelligenza spiccata e una sensibilità fuori dal comune, non priva di asprezze. Si laureò in giurisprudenza all'Università di Amsterdam. Si iscrisse in seguito anche alla facoltà di Lingue Slave, ma a causa della guerra dovette interrompere i suoi studi. Concluse invece il percorso di Lingua e Letteratura russa. All'inizio della guerra si avvicinò alla psicologia analitica junghiana, grazie al lavoro dello psicochirologo Julius Spier che conobbe il 3 febbraio 1941 come paziente, divenendo in seguito la sua segretaria e per un certo periodo anche la sua amante. Nel 1942, lavorando come dattilografa presso una sezione del Consiglio Ebraico, ebbe la possibilità di salvarsi dalla deportazione, ma decise, forte delle sue convinzioni umane e religiose, di condividere la sorte del suo popolo. Lavorò in seguito nel campo di transito di Westerbork come assistente sociale. I genitori e i fratelli Mischa e Jaap furono internati tutti nel campo olandese di Westerbork. Il 7 settembre 1943 tutta la famiglia, tranne Jaap, fu deportata nel campo di sterminio di Auschwitz. Mentre Etty, i genitori e il fratello Mischa morirono poco tempo dopo il loro arrivo ad Auschwitz, l'altro fratello, Jaap, perse invece la vita a Lubben, in Germania, dopo la liberazione, il 17 aprile 1945, durante il viaggio di ritorno nei Paesi Bassi.

La storia di Etty ci è nota grazie al corposo Diario che scrisse negli ultimi due anni di vita e da una serie di lettere spedite dal campo di Westerbork. Etty, a soli 29 anni, è già approdata a conquiste spirituali altissime: nel tempo dell’orrore nazista, sente di dover salvare Dio nell’uomo, piuttosto che arrendersi a pensarlo indifferente o addirittura colpevole del dolore e degli abomini che l’uomo genera. E lo fa con il titanico coraggio dei martiri che affrontano il loro destino con fiducia, anche quell’ultimo giorno, sul treno per Auschwitz.

“Quello di Etty appare come un cristianesimo vissuto al di fuori della Chiesa ufficiale, quasi una testimonianza dello Spirito che davvero soffia dove vuole e nei modi e nei tempi da lui ritenuti più opportuni. Non è quindi necessario canonizzare Etty Hillesum per sentirla maggiormente vicina. Ella non appartiene a nessuna Chiesa, a nessun partito; è espressione di quella umanità bella e buona che si lascia trasfigurare dall’intervento di Dio. La sua esistenza è patrimonio di tutti gli uomini e le donne che vogliono fare della propria vita un cammino e osano compiere un viaggio nelle profondità di se stessi.” (Giorgio Garrone, Dal buio la luce)

Bibliografia

Hillesum Etty, Diario 1941-1943, Adelphi, 2012

Hillesum Etty, Smelik K.A. (a cura di), Lettere1941-1943, Adelphi

Bériault Ives, Etty Hillesum. Testimone di Dio nell’abisso del male, Edizioni Paoline, 2013

Garrone Giorgio, Dal buio la luce, Edizioni Paoline, 2014

 

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